Personalmente sono sempre molto scettico ad attribuire al voto locale un significato nazionale eppure una qualche correlazione ci dovrà pur essere, nel senso che il giudizio verso il governo può far da mood di fondo su cui si basano altri elementi di scelta.

Questo mood di fondo oggi è un paradosso ben riassunto da Giannini di Repubblica: l’ala riformista del governo si autoaccusa di scarsa incisività, di incapacità nel sapersi relazionare coi segmenti più moderni e innovativi della società italiana, quella neoborghesia sapientemente descritta da Cacciari e De Rita.

Il che è vero. Ma allo stesso tempo l’ala radicale si rimprovera di non essere riuscita ad agganciare il ceto medio difensivista, cioè quei segmenti sociali in difficoltà e con scarse potenzialità di rinnovamento. E anche questo è vero.

Il governo Prodi è stato perfettamente nel limbo, scontentando l’una e l’altra parte e non perchè si debba scegliere tra una delle due parti.

Il centrodestra ha vivacchiato nella “rendita da opposizione”, una felice immagine coniata da Tremonti.

Da domani scopriremo se questa benedetta storia dell’antipolitica verrà agitata con maggiore forza di quanto sia stata agitata fino a questo momento.

Nell’attesa, il dato che maggiormente sorprende è quello di Taranto che se letto con le lenti della politica nazionale rischia di agitare le notti di tutto il ceto politico. Ma Taranto non è rappresentativa. E questo è sicuramente un bene.