Girovagando da flaneur per parigi e banlieus la campagna elettorale francese si offre come una superficie ricca di sfumature e ripetizioni. un fascino un po’ optical, retro ma alla moda.

la prima impressione, a ripensarci, è l’amalgama della gente. facce, pettinature, tipi umani, magliette a righe sono dappertutto. un po’ più mocassini da sarko, un po’ più ballerine da sego, più stazza e medaglie da le pen, rabbia-rap e svaccamento da bovè.

sfumature che si ripetono, fatta eccezione delle micro-tribù, nei meeting elettorali degli uni e delle altre. non solo le classi, ma anche i gruppi sociali post/trans-classisti, dai bobos ai lilis, non si distinguono. tutti sono dappertutto, un po’ qua e un po’ là, in una francia che in onore ai suoi teorici esalta il postmoderno.

la campagna, però – peraltro ordinata rispetto alle abitudini italiane di invasione murale, con manifesti limitati ai tabelloni ufficiali, rispetto degli spazi propri e altrui, pochi debordamenti controllati a impalcature e spazi marginali, mai palazzi, e un diffuso uso di adesivi – mette in evidenza differenze sensibili.

la seconda impressione è che queste differenze siano sfumature di clima. una questione, direbbe eric riempiendo la pipa, di estesia e socialità: i modi dello stare insieme distinguono. l’idolatria possente guida il rapporto tra il corpo collettivo dei seguaci e quello unico e non includente del capo. l’atmosfera tutuyant, alla pari, dove ci si scambiano sorrisi complici e esclusivi, scopre la novità di un po’ di timore reverenziale verso chi occupa la place del fu socialismo. il souk, non a caso nel quartiere arabo della gutte d’or, accoglie gli altermondisti, insieme a strani personaggi del protezionismo antiprogressista. l’one man show con il fascino dello stronzo riceve ammirazione e partecipazione corporea ad ogni lezione sulle cose da fare e sul come farle. chi sa dal centrista?, perso per colpa della gola dei flaneur, ma in fondo – impressione questa un po’ forzata da circostanze e convinzioni – non è al centro che succedono le cose, ma il centro è dove si trova rifugio in attesa di (poter) scegliere.

ancora un’impressione: la campagna c’è. non tanto come quantità di materiali o manifesti, o come minuti di parola, ma negli immaginari di una francia che sembra ancora legata, almeno dans la capitale, ai suoi tratti fortemente politici.

le elezioni occupano tempi e spazi dei media elettronici e del web, delle edicole e delle librerie (con libri di e fumetti contro candidati, saggi politologici e ricerche pubblicate in tempo reale), delle pubblicità e dei discorsi da bicchiere in mano.

la campagna c’è e si guarda con curiosità a tre italiani che girovagano con gadget di ogni partito, offrendo da accendere con l’accendino di le pen e da bere il vino di bovè.

in fondo, ancora un’impressione, un po’ di grandeur ci farebbe bene.