Per punti, in maniera schematica
- Decidiamo una buona volta per tutte cosa si intende per politica e per antipolitica. La politica è partecipazione concreta e tangibile secondo alcuni (Pasquino), per altri l’antipolitica è un insieme di pratiche standardizzate di non riconoscimento del sistema (Campus). Messa in questi termini la sintesi è impossibile. E allora saltiamo lo schema e diciamo che Grillo è cesura tra pre-politico (le polarità emotive) e post-politico nei meccanismi di partecipazione ma anche l’effetto-svelamento di alcune sue costruzioni retoriche (rivedete anno zero di ieri nel passaggio in cui interloquiva coi giornalisti).
- Grillo non chiude mai il cerchio, o meglio lo chiude con un “vaffa” che è negazione di qualunque dialogo. In questo ha ragione Polito. Grillo nel contraddittorio perde, viene disinnescato per questo lo evita e sta solo negli spazi (ambientali e concettuali) che lui stesso crea e riesce a gestire (qualcuno lo chiama Frame, noi lo andiamo ripentendo da 2 anni, quand’è che ci date retta?)
- Grillo dice di essere un comico. Ma la comicità è ribaltamento di topic, non costruzione logico-consequenziale. Il vaffa non è ribaltamento, anzi. L’accostarsi a Mr. Bean è una furbata piccina piccina.
- E comunque la domanda (irrisolta) rimane una, sapendo bene che ci sono tutte e due le cose, ma non si sa quella che in questo momento ha un peso specifico maggiore: Grillo è solo uno che ha trovato un modello di leadership inedito ed efficace o c’è davvero in essere un nuovo ’92 che si muove nella società e che si aggrappa a quello che trova?